[...] Involontariamente si erano alzati e stettero a lungo, felici e ammaliati, avvertendo nell'effusione dell'animo una profonda emozione e un dolore lieve ed enigmatico, stato con cui la gioventù risponde agli spettacoli e agli avvenimenti grandiosi e straordinari. [...]
[...] Questa attività, questo fare devoto e coscienzioso, esercitò anche adesso il suo benefico incanto, e mentre il suo cuore ancora di fanciullo si difendeva dalle frecce di un amore senza speranza, da ogni parte, dall'acqua tranquilla, dalle chiome folte e morbide degli alberi e dei cespugli, dalle pietre e dai ciottoli della riva, gli venne incontro la lieve consolazione che non si nega a un cuore pure che sappia onorare Dio con le proprie opere. [...]
("un viaggio di cent'anni fa"- 1910)
[...] Al ventenne, che gli amici amavano per il suo brio inesauribile, accadeva sovente che, nei momenti di serenità, il mondo si impietrisse in un quadro incantato, dove se ne stava con gli occhi stupiti sentendo l'enigmatica bellezza del mondo come un monito e quasi come un dolore sottile e segreto. Così come è sufficiente sfiorare una soluzione salina pronta per l'uso o, in inverno, l'acqua fredda e immobile perchè queste si rapprendano in cristalli e si solidifichino come per incanto, allo stesso modo, per il giovane animo di poeta, era bastato quel volo di rondini per far sì che il Neckar, la verde linea delle cime immobili degli alberi e il paesaggio montuoso, là dietro, leggermente velato di nebbia, si irrigidissero in un'immagine trasfigurata e purificata, che parlava ai suoi sensi delicati con la nobile voce, solenne e dolce, di una superiore realtà poetica. [...]
[...] Perchè se ne stavano qui a sedere, poveri e miseri, questi poeti dell'entusiasmo, il vecchio e il giovane, e perchè anche lui rimaneva là in piedi, vicino a loro, insoddisfatto e triste, scosso da sentimenti di amicizia vaghi e da un amore vergognosamente senza speranze? Era dovuto solo alla sua sensibilità e debolezza il fatto che soggiacesse così spesso a stati d'animo confusi? O era davvero destino dei poeti che per loro non brillasse mai il sole e che non dovessero raccogliere nella loro anima le sue ombre? [...]
[...] Egli sedeva, ora, la fronte divina e gli occhi dallo sguardo ancora puro e commovente, divenuto ormai il fantasma di se stesso e ricacciato in un'infanzia immobile e sorda; e se ancora riempiva fogli di carta, dai quali brillava a tratti un verso veramente bello come un occhio limpido, tutto ciò era soltanto il gioco di un bimbo con le tessere colorate di un mosaico. [...]
(Nel padiglione del giardino di Pressel, un racconto dell'antica Tübingen-1913)