farsi
i
cazzi
propri...
... che mi vien voglia di scrivervi dei miei stivali.
Bellissimi stivali neri, lunghi, in finta pelle, con le zip di lato che pochi vedevano e mi chiedevano sempre che pazienza ci volesse per allacciare quei lunghissimi lacci sulla parte frontale dello stivale.
Io ho sempre un rapporto molto affettuoso con le mie scarpe: sono sempre contenta, soprattutto se sono particolarmente belle e fighe, che siano quelle cosine a coprirmi i piedi e a portarmi in giro per il mondo. Associo a loro i ricordi ed è un problema, perché quando si rompono in maniera irreparabile, ho sempre difficoltà a buttarle via.
Non so che fine faranno i miei stivali, adesso, ancora non sono finiti nella pattumiera. Li osservo, vicino al letto, e mi chiedo che fare. Forse potrei strapparli e recuperare quelle cinghiette dei lacci per vedere se posso riutilizzarle? Conservare i lacci stessi? Ancora non so.
Ho fatto qualche viaggetto con questi bei stivali, il più recentente in Germania, dieci splendidi giorni tra Stoccarda e Francoforte.
Anche Bruxelles, dove a febbraio una piccola delegazione di S.O.S. Scuola ha ricevuto un premio al Parlamento Europeo.
Bruxelles, Parlamento Europeo, febbraio 2015 |
Francoforte, marzo 2015 |
E quante passeggiate a Palermo, anche sotto la pioggia, allegramente sotto la pioggia e si sa che Palermo è tutto fuorché allegra quando si tratta di pioggia;
Oppure una Pasqua a Bologna, nuovo approdo per raggiungere pezzi di cuore.
Li ho indossati spesso e volentieri con vestitini perché adoravo il contrasto della loro rudezza con il vestito, dava carattere e così mi piaceva; con questi sono andata a molte feste come a passeggiate in campagna.
E adesso, vita natural durante, si sono rotti. Uno in particolare: aperto, temevo sarei rimasta a piede scalzo già mentre ero a Stoccarda: sia dalla punta che dal tallone quello sinistro era aperto.
Non so se qui l'ho scritto mai, ma non posso fare a meno di dare un'anima agli oggetti. Questo perché non faccio altro che caricare gli oggetti di simboli.
Quindi sono qui, a digitare queste parole mentre penso al destino dei miei stivali e sullo sfondo una televisione che frantumerei.
Questi stivali mi hanno portato ovunque e adesso vanno in pensione, proprio adesso che ho una febbre addosso di viaggio incredibile, se potessi ripartirei anche adesso.
C'è sempre, sempre, sempre, sempre qualcosa che mi deve dimostrare il quotidiano, saggio, indigesto divario che divide quello che si desidera da quello che si ha, quello che si vorrebbe fare dal tempo pratico per poterlo fare. Io voglio partire e mi si rompono le scarpe, bella battuta Universo, ok ho capito.
Ma d'altronde l'Estate si avvicina, anticipata da questa Primavera che ha un po' di malinconia invernale addosso, avrei messo da parte gli stivali comunque per fare spazio a qualche scarpa aperta o di stoffa leggera.
Bella novità, stupidina, il tempo scorre, le stagioni passano, gli stivali si mettono nella scarpiera e nel frattempo, quando si ha tempo libero, si invecchia. Che scoperta.
Grazie, Stivalucci belli. Magari vi butterò, magari no. Magari tento di nuovo di incollarvi, ricucirvi, sistemarvi per come posso, ma francamente, per quanto abbiate resistito dignitosamente, non è che siate di chi sa quale qualità, eh, quindi farei una fatica per nulla.
Però vi ricorderò per sempre, e ritengo abbiate importanza sufficiente per dedicarvi spazio nel mio blog, visto che nella mia mente avete spazio a sufficienza per ricordarmi che rappresentate me e la mia vita.
Per ricordarmi che sono proprio Gea, fin dai piedi. Qualche volta bisogna che me lo ricordi, perché mi stupisco di ritrovarmi in me, quando mi concentro.
Ciao Stivali, ciao Gea.
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