Cara Palermo,
ti scrivo perché Joyce aveva ragione: non si vede bene se non quando si è molto, molto distanti. E guardandoti da questo frantoio romano, lo posso dire: ora ti vedo.
Mi manchi, città di merda.
Non mi perderò nel descrivere i dettagli che mi mancano di te; ci credi se ti dico che hai tutta un'atmosfera che Roma non ha? Questa cosa ti rende più bella, te l'ha mai detto nessuno?
D'altronde Roma non può avere tutto. E per te, che invece non c'hai un cazzo per poter vivere senza far scendere dal cielo Dio con tutti i Santi e la Santuzza a suon di invocazioni poco cortesi, non rimane che una certa amichevole poesia che ancora a zonzo, qui, non ho trovato. Ti è andata bene, con me, mia cara, poiché io cerco così la poesia nel mondo, in luoghi disparati e perciò non ti disprezzo, sebbene tu sia conciata male. Ti voglio bene, insomma, di cuore.
Perché ora ti vedo? Perché stando lontana dai miei ambienti naturali, focalizzo meglio su di essi e mi rendo conto: sei afflitta da troppi, troppi mali.
Hai presente quei bambini che covi in certi quartieri, in certe strade buie e vicoli stretti? Sporchi, ignoranti, abbandonati a loro stessi. Cosa gli manca? All'incirca tutto: una famiglia alle spalle che li accudisca e li protegga; le Istituzioni, queste sconosciute, che si riempiono di loro presenze per le campagne elettorali e poi tanti saluti; l'attenzione della gente circostante, buona sui social network e poi per strada non li toccano né li vedono.
Loro, loro sono la tua vera anima; non i mercati, non il mare, non il cibo di strada: loro. Loro ti rappresentano davvero. Ed ecco quello che ho capito: se sei la città invivibile che sei, è perché la tua stessa popolazione ti rema contro: la quantità esuberante di ignoranza e delinquenza che ti circola nelle vene crea quel gorgoglìo continuo di un calderone di mentalità mafiosa e micro/macro criminalità della quale una grossa fetta di popolazione è infetta, mettendo alla luce questi esseri che coprono diverse categorie: dal posteggiatore abusivo al venditore abusivo; dal patr'i famigghia in carcere al figlio che spaccia nna so zuana; da quello che sbuffa se gli chiedi di fare lo scontrino fiscale a quello che ti taglia la strada con una manovra da ritiro patente e se glielo fai notare si ferma appositamente in mezzo alla strada solo per dirti di stare muto. Muuuuuuuuto.
Per non parlare della spazzatura e della cultura neomelodica che bé, parliamoci chiaro: bene non ti fa.
Ma queste sono cose già sentite, vero povera anima? Le sai a memoria anche tu.
Però, hai mai fatto caso all'altra metà del male?
Non so come definirli, davvero. Mi limito a descriverteli, ché sicuramente li riconoscerai:
sono quelli che dicono di amarti, ma di te amano questo tuo aspetto decadente che sì, ha il suo fascino, per carità, ma che a volte sfiora il ridicolo e sarebbe onesto, soprattutto per il tuo bene, cambiare prospettiva invece di crogiolare sempre sui soliti discorsi pseudo poetici; sono quelli che apprezzano il tuo emergente lato indie, vegan, bio, steampunk e vintage e che gli permetterà di sfogare le loro voglie modaiole, credendo che questo ti avvicini all'idea di città europea che sognano, ignorando tutto il resto, ché tanto a loro non tocca; sono quelli che si lamenteranno ora e per sempre, senza muovere un dito affinché tu possa cambiare, profondamente pigri e largamente sfiduciati: finché la decadenza si ammira, tutto va bene, come davanti un quadro. Ma se ti tocca, -e tu Palermo tocchi fino alla molestia-, allora gridano come gallinelle allo sdegno, comodamente seduti a casa; sono quelli, Palermo bella, che i tuoi bambini non li vedono nemmeno se li hanno davanti.
Palermo, ti scrivo a mente aperta: se non avessi visto con i miei occhi, ed essermi commossa fino a stringermi il cuore, ragazzi che le cose le vogliono davvero cambiare e quindi non avessi questa ingenua, splendida fiducia, ti direi che sei veramente nella merda fino sopra le cupole del centro storico. Ora, sei comunque un po' nei guai, ma non sei sola. Capisci il bello, la magia? Non sei sola.
Ho visto anche quei bambini e quante cose ci sarebbero da dire, Palermo, quante...
e a quest'altra faccia del male, la quale magari si giustifica dicendo di sentirsi impotente davanti a tanto degrado e spende tutte le sue energie mentali a lamentarsi ogni giorno di Unipa (certo che pure tu, una buona...), vorrei dire: donate una parola. Vi stupireste di cosa sareste capaci di suscitare.
Il male che ti affligge, quindi, è immenso e totalitario. Una dittatura del marcio che si snoda dai bassifondi fino alla parte Bene, da chi non sa fino a chi non capisce.
Purtroppo non ho nessuna medicina da proporti. Forse alla fine di questa lettera potresti anche dirmi che con queste parole ti ci turrunii a milinciana e avresti anche ragione, mi dispiace. Ma avevo bisogno di dirti che adesso ho capito e che vivrò di conseguenza.
Chiunque, a questo punto, potrebbe additarmi contro il fatto ch'io sia partita. Ma questo è ovvio: alla lunga con te non si può vivere. E il mio è, come ho già scritto, l'esigenza di partire fuori dal nido. L'avrei avuta anche nella città più europea d'Europa, più civile di Civilandia, più tecnologica di Silicon Valley. Ma tu, Palermo mia, che sei molto più intelligente e saggia di tutti questi individui dalla facile tastiera ruggente, sai la verità. Questo ci basta.
Per il resto, cara mia, mi manca il tuo buon cibo, consolatore ed economico: qua a Roma si piange miseria e si ride alla presunzione con cui ti vendono cocc'i pizza a prezzi improponibili.
Avresti solo da insegnare, vecchia mia, se solo te ne dessimo l'occasione.
Stammi bene, preziosità.
Ci vediamo presto,
tua per sempre,
Gea
hai scritto qualcosa di sublime ��
RispondiElimina(claudia)
Ti ringrazio di cuore, davvero :)
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