martedì 17 dicembre 2013
lunedì 16 dicembre 2013
domenica 15 dicembre 2013
mercoledì 4 dicembre 2013
Currenti Calamo
Cara Oceano,
sono le 00:26 del 4 novembre 2013, io sono irrequieta e non riesco a dormire, sento di voler piangere ma non lo farò e sono qui, con la mano che scorre, anzi Con La Penna Che Scorre, Currenti Calamo, senza sapere cosa scriverti. La mia scuola, come ti ho già scritto da Marguerite, è in occupazione e questo è uno schifo. Ma non voglio parlare di questo, non so di cosa voglia parlare, al momento so solo che non riesco a dormire e che pensavo che presa la penna in mano mi sarei calmata un po'. Per ora non sta cambiando molto, ma tanto male non mi fa, escludendo il fatto che sto togliendo tempo al sonno e che dovrò svegliarmi alle sei e mezza. La mia mente è un continuo caos rumoroso di parole, Oceano. E non lo dico per sottolineare il mio profondo essere irraggiungibile e maledetto, macché, non credo di farmi più pipponi mentali di chiunque e di non avere chissà quali problemi. Ma è proprio un caos di parole. Mentre parlo c'è rumore, brusìo costante, non fastidioso per la maggior parte del tempo ma distrae, distrae al punto che, mentre parlo, inverto le parole, mischio le lettere, ingarbuglio frasi e così vengono fuori questi spasmi dislessici, che sono divertenti da raccontare in seguito, tipo "cornatonto personale" oppure, fresca di giornata: "farini di sacca"; lo stesso brusìo che c'è mentre ascolto una lezione e tento di non distrarmi non riuscendoci, oppure quando ascolto qualcuno parlare e per riuscire a seguire mi concentro sul sentimento che provo per quella persona: se è un sentimento positivo riesco a seguire, mi dispiacerebbe non ascoltarla, piuttosto che perdermi nei miei pensieri oppure in osservazioni dei dettagli del mondo circostante. Ogni volta balbetto, faccio pause, ripeto le frasi, perdo il filo, sbaglio e subito mi correggo, "che stavo dicendo..."; è come se ci fosse un piccolo scribacchino intento a trafficare piegato su una piccola scrivania, il quale segna mano a mano tutte le parole che devono uscire dalla mia bocca: tenta di ordinarle, le fa passare oltre il banco solo dopo aver firmato (burocrate!),le fa mettere in fila, per favore ragazzine, senza spingere e senza gridare, su. Ma loro spingono, si fanno lo sgambetto, corrono, gridano, sono troppe, troppo veloci; del resto come si fa a rallentare il pensiero quando deve discutere, parlare, ribattere, esprimersi, fare ironia, intercalare, esclamare, sottolineare qualcosa, controbattere? E' necessario che siano scattanti. Ma le parole nella mia testa sono di pongo, non hanno resistenza se urtano tra di loro e si spiaccicano. C'è solo un momento in cui lo scribacchino prende fiato, magari si incazza anche un po' e fa come Silente alla mensa di Hogwarts: un urlo solenne e titanico che zittisce tutti, affinché sia s i l e n z i o. TACETE E METTETEVI IN FILA SENZA FIATARE! E questo è il momento in cui prendo la penna in mano, e ti scrivo. Per me è terapeutico toccare la penna e il foglio, stringere intorno al cervello il mondo tangibile, ma anche quando scrivo al blog, il silenzio cala lo stesso. Momento di ordine, in cui passano dal banco tutte le parole, dalla preposizione al sostantivo più ricercato, passano in perfetto ordine. E' una bella sensazione, riesco a sentire la mia voce mentre penso. Che poi non è proprio la mia voce, spesso cambia. C'è stato un periodo in cui la voce nella mia testa era quella di Joey di Dawson's Creek. Ora non so chi sia, ma è troppo perfetta per essere la mia. Dovrei chiederglielo, Oceano, il punto però è che si tratterebbe di un'eco, una ripetizione, un suono che ritorna al mittente senza risposta, come chiedere all'immagine dello specchio se per favore non imiti i propri stessi movimenti.
Sono arrivata ad una soluzione sconclusionata, ma sempre meglio di niente. Ho deciso che a Palermo ci rimango finché non compio due cose fondamentali, di cui ti parlerò in seguito e poi posso anche provare la via per la Provenza. Ma è decisivo, Palermo è la città del mio tutto e deve essere così fino alla fine.
Ora vado, mi sono rilassata. Vedi, O, è successo. Lo scribacchino ha compiuto bene il suo lavoro e tutte le parole hanno svolto la loro funzione. Il mio cervello si è calmato e c'è spazio per il sonno, adesso. Buona notte, Oceano.
Tua Gea.
sono le 00:26 del 4 novembre 2013, io sono irrequieta e non riesco a dormire, sento di voler piangere ma non lo farò e sono qui, con la mano che scorre, anzi Con La Penna Che Scorre, Currenti Calamo, senza sapere cosa scriverti. La mia scuola, come ti ho già scritto da Marguerite, è in occupazione e questo è uno schifo. Ma non voglio parlare di questo, non so di cosa voglia parlare, al momento so solo che non riesco a dormire e che pensavo che presa la penna in mano mi sarei calmata un po'. Per ora non sta cambiando molto, ma tanto male non mi fa, escludendo il fatto che sto togliendo tempo al sonno e che dovrò svegliarmi alle sei e mezza. La mia mente è un continuo caos rumoroso di parole, Oceano. E non lo dico per sottolineare il mio profondo essere irraggiungibile e maledetto, macché, non credo di farmi più pipponi mentali di chiunque e di non avere chissà quali problemi. Ma è proprio un caos di parole. Mentre parlo c'è rumore, brusìo costante, non fastidioso per la maggior parte del tempo ma distrae, distrae al punto che, mentre parlo, inverto le parole, mischio le lettere, ingarbuglio frasi e così vengono fuori questi spasmi dislessici, che sono divertenti da raccontare in seguito, tipo "cornatonto personale" oppure, fresca di giornata: "farini di sacca"; lo stesso brusìo che c'è mentre ascolto una lezione e tento di non distrarmi non riuscendoci, oppure quando ascolto qualcuno parlare e per riuscire a seguire mi concentro sul sentimento che provo per quella persona: se è un sentimento positivo riesco a seguire, mi dispiacerebbe non ascoltarla, piuttosto che perdermi nei miei pensieri oppure in osservazioni dei dettagli del mondo circostante. Ogni volta balbetto, faccio pause, ripeto le frasi, perdo il filo, sbaglio e subito mi correggo, "che stavo dicendo..."; è come se ci fosse un piccolo scribacchino intento a trafficare piegato su una piccola scrivania, il quale segna mano a mano tutte le parole che devono uscire dalla mia bocca: tenta di ordinarle, le fa passare oltre il banco solo dopo aver firmato (burocrate!),le fa mettere in fila, per favore ragazzine, senza spingere e senza gridare, su. Ma loro spingono, si fanno lo sgambetto, corrono, gridano, sono troppe, troppo veloci; del resto come si fa a rallentare il pensiero quando deve discutere, parlare, ribattere, esprimersi, fare ironia, intercalare, esclamare, sottolineare qualcosa, controbattere? E' necessario che siano scattanti. Ma le parole nella mia testa sono di pongo, non hanno resistenza se urtano tra di loro e si spiaccicano. C'è solo un momento in cui lo scribacchino prende fiato, magari si incazza anche un po' e fa come Silente alla mensa di Hogwarts: un urlo solenne e titanico che zittisce tutti, affinché sia s i l e n z i o. TACETE E METTETEVI IN FILA SENZA FIATARE! E questo è il momento in cui prendo la penna in mano, e ti scrivo. Per me è terapeutico toccare la penna e il foglio, stringere intorno al cervello il mondo tangibile, ma anche quando scrivo al blog, il silenzio cala lo stesso. Momento di ordine, in cui passano dal banco tutte le parole, dalla preposizione al sostantivo più ricercato, passano in perfetto ordine. E' una bella sensazione, riesco a sentire la mia voce mentre penso. Che poi non è proprio la mia voce, spesso cambia. C'è stato un periodo in cui la voce nella mia testa era quella di Joey di Dawson's Creek. Ora non so chi sia, ma è troppo perfetta per essere la mia. Dovrei chiederglielo, Oceano, il punto però è che si tratterebbe di un'eco, una ripetizione, un suono che ritorna al mittente senza risposta, come chiedere all'immagine dello specchio se per favore non imiti i propri stessi movimenti.
Sono arrivata ad una soluzione sconclusionata, ma sempre meglio di niente. Ho deciso che a Palermo ci rimango finché non compio due cose fondamentali, di cui ti parlerò in seguito e poi posso anche provare la via per la Provenza. Ma è decisivo, Palermo è la città del mio tutto e deve essere così fino alla fine.
Ora vado, mi sono rilassata. Vedi, O, è successo. Lo scribacchino ha compiuto bene il suo lavoro e tutte le parole hanno svolto la loro funzione. Il mio cervello si è calmato e c'è spazio per il sonno, adesso. Buona notte, Oceano.
Tua Gea.
giovedì 14 novembre 2013
giovedì 7 novembre 2013
Beethoven, Pathetique Sonata, 3rd mvt.
http://www.youtube.com/v/pSABCXv1kQw?autohide=1&version=3&autohide=1&feature=share&attribution_tag=BuYfoTmZcGYkU5dmNAQH7w&showinfo=1&autoplay=1
martedì 29 ottobre 2013
a: Sara Mago, Emisfero Destro Del Cervello.
Cara Sara, ti scrivo tempestivamente, ora che ti riconosco con questo nome. Ne hai sempre diversi, lo capisco, stai dall'altra parte del mondo e lì si usa fare in questo modo. Ma ti ho conosciuta solo così, e ora sei ritornata. Mi fa piacere. Come stai? So che sei partita. Io sono rimasta, qui, sempre. Ho deciso di rimanere. Su quest'isola nascosta dal cranio pensavo bene di potermi portare avanti, di elevarmi sopra le miserie del mondo, di arrivare a toccare le anime di tutti senza farmi scheggiare. Ho fatto bene il mio lavoro, sempre. Sono stata estremamente razionale. Era un modo per proteggermi. Ma tu sei arrivata e hai stravolto tutto. Non mi è dispiaciuta come cosa, e onestamente sappiamo bene nelle nostre vite chi è dominante e chi no. Ma so che stai male per ora, per questo ti scrivo e vorrei davvero starti vicino.
Cercare di comprendere la realtà in maniera analitica e prettamente lucida non è un modo per non credere più alle cose, Sara. Non sempre è necessario, lo so, difatti apprezzo infinitamente quello che fai per noi, per me. Ma quanti rischi corri, quante ferite vai a beccare! Mi dispiace tanto, e vorrei proteggerti. Quante cose non ti meriti.
Ti parlo come una madre parla a sua figlia: fai attenzione. Non ti puoi fidare di tutti, evidentemente non è possibile. Ma, non fraintendere, non ti sto dicendo di diventare come me o la mia gente, nemmeno noi ci chiudiamo sempre in noi stessi senza sperimentare nulla. Ma siamo molto attaccati alla ragione, cerchiamo sempre di considerare ogni minimo dettaglio, per evitare pericoli o insidie. E io non voglio che tu soffra ancora. Sii sempre spontanea, ma segui l'istinto anche quando ti suggerisce di diffidare, non è una macchina di positività che funziona bene solo quando ti suggerisce di buttarti; è molto affidabile anche se ti dice di cambiare strada, di non fare qualcosa. L'Isola funziona anche grazie a lui. Per il tuo bene, per la tua comunità, per me, per tutta l'Isola, mia cara Sara, proteggiti. Abbiamo bisogno tutti della felicità, credimi. Possiamo collaborare e lo sai, lo facciamo già da sempre. Proteggi i tuoi sentimenti, che poi sono anche i nostri. Chiudi le porte agli artisti ipocriti, creati da sola i tuoi colori. Fidati di noi, odiaci, amaci, ma ritornerai. Come sei ritornata adesso, e sarai sempre la benvenuta. Ricordati, Sara: non c'è persona che rimarrà al tuo fianco fino alla fine al di fuori di quella che sei. Non tradirti di nuovo. Ama sempre ma non ingannarti mai più. Questa non è un'Isola felice, dobbiamo costruire ancora tanto. Ma abbiamo un potenziale che nessuno immagina.
Guarisci presto, mia piccola Sara.
Ti voglio bene,
Lelia Stradykary.
Cercare di comprendere la realtà in maniera analitica e prettamente lucida non è un modo per non credere più alle cose, Sara. Non sempre è necessario, lo so, difatti apprezzo infinitamente quello che fai per noi, per me. Ma quanti rischi corri, quante ferite vai a beccare! Mi dispiace tanto, e vorrei proteggerti. Quante cose non ti meriti.
Ti parlo come una madre parla a sua figlia: fai attenzione. Non ti puoi fidare di tutti, evidentemente non è possibile. Ma, non fraintendere, non ti sto dicendo di diventare come me o la mia gente, nemmeno noi ci chiudiamo sempre in noi stessi senza sperimentare nulla. Ma siamo molto attaccati alla ragione, cerchiamo sempre di considerare ogni minimo dettaglio, per evitare pericoli o insidie. E io non voglio che tu soffra ancora. Sii sempre spontanea, ma segui l'istinto anche quando ti suggerisce di diffidare, non è una macchina di positività che funziona bene solo quando ti suggerisce di buttarti; è molto affidabile anche se ti dice di cambiare strada, di non fare qualcosa. L'Isola funziona anche grazie a lui. Per il tuo bene, per la tua comunità, per me, per tutta l'Isola, mia cara Sara, proteggiti. Abbiamo bisogno tutti della felicità, credimi. Possiamo collaborare e lo sai, lo facciamo già da sempre. Proteggi i tuoi sentimenti, che poi sono anche i nostri. Chiudi le porte agli artisti ipocriti, creati da sola i tuoi colori. Fidati di noi, odiaci, amaci, ma ritornerai. Come sei ritornata adesso, e sarai sempre la benvenuta. Ricordati, Sara: non c'è persona che rimarrà al tuo fianco fino alla fine al di fuori di quella che sei. Non tradirti di nuovo. Ama sempre ma non ingannarti mai più. Questa non è un'Isola felice, dobbiamo costruire ancora tanto. Ma abbiamo un potenziale che nessuno immagina.
Guarisci presto, mia piccola Sara.
Ti voglio bene,
Lelia Stradykary.
giovedì 3 ottobre 2013
Preghiera in Ottobre
Perdonateci.
Perdonateci, voi anime già perse nel mare.
Voi anime salve, almeno per un tentativo. Fallito.
Io non ho parole. Ma tanto a che servono? Non sono mai abbastanza, non hanno più potere.
Perdonateci; per la nostra politica, la mentalità, la strafottenza, l'incuranza, la disattenzione, il menefreghismo, l'ipocrisia con cui sorvoliamo sulle vostre vite.
Solidarietà? Quale solidarietà? Cosa vuol dire?
Un giorno staremo noi dalla parte del mare, del vuoto, della paura, della guerra. Avremo noi bisogno di fuggire, di tentare, di salvarci. Cosa faremo? Dove andremo? E cosa prentenderemo? Diritti, ospitalità, dignità, cure. Perché? Perché siamo umani. Perché fuggire è l'istinto davanti alle disgrazie mille volte più grandi di noi, talmente tanto da renderci impotenti. Scappare, cercare rifugio.
Perdonateci.
Stanotte dormiremo tranquilli perché finché non sono i nostri figli, i nostri parenti, i nostri amici, voi potete morire tutte le volte che vi pare, sempre di più. La guerra? La povertà? Cosa? Io ho già i miei problemi a cui pensare. Mi scusi, sono in vacanza, non mi va di sapere, io a mare ci vado solo a prendere il sole.
Non ci interessa la vostra disperazione, non ci tocca. La disperazione non la conosciamo, è illegale. E se è illegale, voi da qui non passate. Potete anche rimanere a mollo.
Perdonateci, perché sappiamo troppo bene cosa facciamo, perché lo facciamo, che sistema abbiamo interno, quanto sia disumano, e non facciamo niente.
Perdonateci.
3 ottobre 2013, oltre 100 immigrati morti in mare nel porto di Lampedusa
Perdonateci, voi anime già perse nel mare.
Voi anime salve, almeno per un tentativo. Fallito.
Io non ho parole. Ma tanto a che servono? Non sono mai abbastanza, non hanno più potere.
Perdonateci; per la nostra politica, la mentalità, la strafottenza, l'incuranza, la disattenzione, il menefreghismo, l'ipocrisia con cui sorvoliamo sulle vostre vite.
Solidarietà? Quale solidarietà? Cosa vuol dire?
Un giorno staremo noi dalla parte del mare, del vuoto, della paura, della guerra. Avremo noi bisogno di fuggire, di tentare, di salvarci. Cosa faremo? Dove andremo? E cosa prentenderemo? Diritti, ospitalità, dignità, cure. Perché? Perché siamo umani. Perché fuggire è l'istinto davanti alle disgrazie mille volte più grandi di noi, talmente tanto da renderci impotenti. Scappare, cercare rifugio.
Perdonateci.
Stanotte dormiremo tranquilli perché finché non sono i nostri figli, i nostri parenti, i nostri amici, voi potete morire tutte le volte che vi pare, sempre di più. La guerra? La povertà? Cosa? Io ho già i miei problemi a cui pensare. Mi scusi, sono in vacanza, non mi va di sapere, io a mare ci vado solo a prendere il sole.
Non ci interessa la vostra disperazione, non ci tocca. La disperazione non la conosciamo, è illegale. E se è illegale, voi da qui non passate. Potete anche rimanere a mollo.
Perdonateci, perché sappiamo troppo bene cosa facciamo, perché lo facciamo, che sistema abbiamo interno, quanto sia disumano, e non facciamo niente.
Perdonateci.
3 ottobre 2013, oltre 100 immigrati morti in mare nel porto di Lampedusa
domenica 4 agosto 2013
alle ore 01:08
Mia bella Oceano,
Forse è proprio vero. Questi sono tempi duri per i sognatori. E' un brutto periodo per tornare bambina e apprezzare lo stupore di tutto ciò che ci circonda, fosse anche un granello di polvere o imparare a maneggiare la carta e a dargli forma. Oppure decidere di essere felice quando tutto suggerisce che è infinitamente più comodo accontentarsi dell'insoddisfazione usa e getta che propinano alla tivù.
Son tempi duri. Decidere di schiudersi, di lasciare entrare e uscire amore in tutte le sue forme, camminare per strada, di notte, senza timore (che Palermo ti inghiotte solo se tu glielo permetti), è probabilmente una scelta folle. Ma, vedi Oceano, per ora è così. Mi va. Mi va perché, con una nuova tintinnante ingenuità mi chiedo il perché di tante coppie infelici, di tutte queste persone, tra le quali è possibile ci sia anche io, profondamente infelici delle loro relazioni, scontente di ciò che hanno. Ma perché non rinunciate a ciò o a chi vi rende insoddisfatti, perché queste coppie tristi?
Tu mi dirai: ma la tristezza delle coppie non è la stessa del single? Pensi che sia facile rinunciare all'amore, o all'abitudine del surrogato dell'amore? Pensi che la solitudine e l'incertezza siano luoghi accoglienti in cui le persone, anche le più risolute, hanno il piacere di andare?
No, Oceano, no. No, no e no. Hai ragione. E' troppo facile parlare, per me. Sono obiettiva in maniera facile, l'obiettività di chi non è coinvolto. Lo so, hai ragione. Ma è proprio questa obiettività che lascia scaturire la bambina che del mondo ancora non sa nulla e si lascia sfuggire un petulante "e perché?".
Il punto è questo, mia cara. Io del mondo, qualcosina la so. Ho già un campo di esperienze; ho coltivato le delusioni, i fallimenti, i torti subiti e ricambiati, quanti cuori si saranno frantumati e poi incollati e poi strappati e poi ricuciti e altre parole indicanti diversi materiali, persone che vanno e persone che restano. La paura, il rammarico, il rimorso. L'odio. Dio, quanto sono capace di odiare. E' pauroso, non lo diresti mai.
Però, io ci voglio provare. A piccoli passi, ci voglio provare, ad essere felice. Non lo so se mi conviene, ma mi piacerebbe parecchio. Magari manco mi riesce, del resto la persona che sono è sempre quella e non cambierà (più del necessario). Però, perché no? Ci sono numerose corruzioni dell'anima e diverse persone corrotte, voglio provare a schivarle tutte.
Tu, bella mia, sei con me e ci sei dentro fino al collo. Non puoi sfuggire, ma non ti farà del tutto schifo, te lo prometto.
Buonanotte, Oceano.
Forse è proprio vero. Questi sono tempi duri per i sognatori. E' un brutto periodo per tornare bambina e apprezzare lo stupore di tutto ciò che ci circonda, fosse anche un granello di polvere o imparare a maneggiare la carta e a dargli forma. Oppure decidere di essere felice quando tutto suggerisce che è infinitamente più comodo accontentarsi dell'insoddisfazione usa e getta che propinano alla tivù.
Son tempi duri. Decidere di schiudersi, di lasciare entrare e uscire amore in tutte le sue forme, camminare per strada, di notte, senza timore (che Palermo ti inghiotte solo se tu glielo permetti), è probabilmente una scelta folle. Ma, vedi Oceano, per ora è così. Mi va. Mi va perché, con una nuova tintinnante ingenuità mi chiedo il perché di tante coppie infelici, di tutte queste persone, tra le quali è possibile ci sia anche io, profondamente infelici delle loro relazioni, scontente di ciò che hanno. Ma perché non rinunciate a ciò o a chi vi rende insoddisfatti, perché queste coppie tristi?
Tu mi dirai: ma la tristezza delle coppie non è la stessa del single? Pensi che sia facile rinunciare all'amore, o all'abitudine del surrogato dell'amore? Pensi che la solitudine e l'incertezza siano luoghi accoglienti in cui le persone, anche le più risolute, hanno il piacere di andare?
No, Oceano, no. No, no e no. Hai ragione. E' troppo facile parlare, per me. Sono obiettiva in maniera facile, l'obiettività di chi non è coinvolto. Lo so, hai ragione. Ma è proprio questa obiettività che lascia scaturire la bambina che del mondo ancora non sa nulla e si lascia sfuggire un petulante "e perché?".
Il punto è questo, mia cara. Io del mondo, qualcosina la so. Ho già un campo di esperienze; ho coltivato le delusioni, i fallimenti, i torti subiti e ricambiati, quanti cuori si saranno frantumati e poi incollati e poi strappati e poi ricuciti e altre parole indicanti diversi materiali, persone che vanno e persone che restano. La paura, il rammarico, il rimorso. L'odio. Dio, quanto sono capace di odiare. E' pauroso, non lo diresti mai.
Però, io ci voglio provare. A piccoli passi, ci voglio provare, ad essere felice. Non lo so se mi conviene, ma mi piacerebbe parecchio. Magari manco mi riesce, del resto la persona che sono è sempre quella e non cambierà (più del necessario). Però, perché no? Ci sono numerose corruzioni dell'anima e diverse persone corrotte, voglio provare a schivarle tutte.
Tu, bella mia, sei con me e ci sei dentro fino al collo. Non puoi sfuggire, ma non ti farà del tutto schifo, te lo prometto.
Buonanotte, Oceano.
venerdì 2 agosto 2013
martedì 30 luglio 2013
NO MUOS WALL
nella mia Palermo, quella che fa schifo. Un contributo, un segno di solidarietà. Ci siamo. E voi?
lunedì 29 luglio 2013
Lista del Bene Così
Non lo so perché, però lo faccio. Perché tutto sommato non è tanto brutto concedersi qualche volta di acchiappare un sentimento del tutto positivo e analizzarlo bene, anche perché quelli sono i più facile ad analizzarsi. Tu stai lì, guardi qualcosa, senti qualcosa, pensi qualcosa, qualcosi qualcosa, e lo senti: stai bene. Sei potenzialmente felice, però non lo dici perché è una parola che fa paura. Comunque, va bene. E lo capisci subito il perché. Le depressioni, la lieve e dolce malinconia, la nauseante noia, sono troppo intrinseche ed enigmatiche. "cos'hai?" "...non lo so bene" e giù di lì.
Io ora scrivo di ciò che per ora mi prende "abbbene" e basta. Così, qualcosa che più inutile non si può. Il buon umore è una delle cose più inutili e incondivisibili del mondo. Però lo faccio, tanto non ci guadagno né ci perdo nulla.
Io per ora sto bene.
Perché:
- E' estate. L'ultima estate veramente libera prima degli esami, ho tempo per me senza pensieri alla scuola e altre pesantezze varie, ho acquisito ancora di più una specie di autonomia, mi sono distaccata dai miei genitori per quel che potevo e ho deciso che fare per conto mio. Un sentore di libertà a piccole innocue dosi;
- Mi sono messa a vendere collane. E' bello, me l'hanno sempre detto "ma perché non le vendi queste cose?" e io non lo so perché non l'ho fatto mai. Ma adesso posso definirmi un'artigiana. E' una bella sensazione. Viva la creatività!
- Rimango a Palermo tutta l'estate. Al massimo in altri posti in sicilia per futuri concerti e manifestazioni, ma non mi schiodo dalla sicilia e da Palermo. Ho deciso che dopo aver fatto i viaggi che ho fatto, è giunto il momento di rimanere e di amare la città làddove tutti si adoperano per odiarla senza alcun fine pratico;
- Ho imparato a fare origami. Io mi spazientisco e mi innervosisco facilmente, ma come è stato bello imparare a fare gli origami nonostante i tentativi falliti, non so cos'altro. Molto rilassante. Ci sarà una qualche filosofia innata nell'essenza della carta che al tocco non può che renderti piccino e innocuo, chissà.
- Ascolto musica di notte e scrivo di giorno. Le cose si sono invertite, il che è strano ma molto divertente. Tanto se l'indomani non ho obblighi di orari, chissene, no?
- Sto più al fresco che al caldo. Non me ne vado da Palermo che chi la conosce bene sa che l'estate incomincia a marzo, e il caldo afoso è una caratteristica. Ma io ho una splendida terrazza proprio su tutta Palermo che è un lusso, e non c'è posto per la sofferenza lì sopra.
- Sto solo con gente a cui voglio veramente bene e questa cosa non è da spiegare, si capisce da sé.
- Cammino cammino e cammino, come se non ci fosse un domani (ma c'è. E si cammina anche domani).
- Ho finalmente un nuovo diario. Bastian è morto qualche mese fa e da allora non avevo provveduto a trovarmene un altro, ieri me lo sono costruito e oggi ho scritto. Goduria. Un giorno scoprirete anche il suo nome.
- Non ho più bisogno di dire perché sto bene. Non so se è per dimenticanza oppure perché effettivamente sono finiti i motivi, ma sta di fatto che è una cosa che passerà, lo so, come passa tutto, ma che sentivo di dover scrivere perché non lo faccio mai.
Buonanotte a chi può, a chi vuole, a chi legge.
Io ora scrivo di ciò che per ora mi prende "abbbene" e basta. Così, qualcosa che più inutile non si può. Il buon umore è una delle cose più inutili e incondivisibili del mondo. Però lo faccio, tanto non ci guadagno né ci perdo nulla.
Io per ora sto bene.
Perché:
- E' estate. L'ultima estate veramente libera prima degli esami, ho tempo per me senza pensieri alla scuola e altre pesantezze varie, ho acquisito ancora di più una specie di autonomia, mi sono distaccata dai miei genitori per quel che potevo e ho deciso che fare per conto mio. Un sentore di libertà a piccole innocue dosi;
- Mi sono messa a vendere collane. E' bello, me l'hanno sempre detto "ma perché non le vendi queste cose?" e io non lo so perché non l'ho fatto mai. Ma adesso posso definirmi un'artigiana. E' una bella sensazione. Viva la creatività!
- Rimango a Palermo tutta l'estate. Al massimo in altri posti in sicilia per futuri concerti e manifestazioni, ma non mi schiodo dalla sicilia e da Palermo. Ho deciso che dopo aver fatto i viaggi che ho fatto, è giunto il momento di rimanere e di amare la città làddove tutti si adoperano per odiarla senza alcun fine pratico;
- Ho imparato a fare origami. Io mi spazientisco e mi innervosisco facilmente, ma come è stato bello imparare a fare gli origami nonostante i tentativi falliti, non so cos'altro. Molto rilassante. Ci sarà una qualche filosofia innata nell'essenza della carta che al tocco non può che renderti piccino e innocuo, chissà.
- Ascolto musica di notte e scrivo di giorno. Le cose si sono invertite, il che è strano ma molto divertente. Tanto se l'indomani non ho obblighi di orari, chissene, no?
- Sto più al fresco che al caldo. Non me ne vado da Palermo che chi la conosce bene sa che l'estate incomincia a marzo, e il caldo afoso è una caratteristica. Ma io ho una splendida terrazza proprio su tutta Palermo che è un lusso, e non c'è posto per la sofferenza lì sopra.
- Sto solo con gente a cui voglio veramente bene e questa cosa non è da spiegare, si capisce da sé.
- Cammino cammino e cammino, come se non ci fosse un domani (ma c'è. E si cammina anche domani).
- Ho finalmente un nuovo diario. Bastian è morto qualche mese fa e da allora non avevo provveduto a trovarmene un altro, ieri me lo sono costruito e oggi ho scritto. Goduria. Un giorno scoprirete anche il suo nome.
- Non ho più bisogno di dire perché sto bene. Non so se è per dimenticanza oppure perché effettivamente sono finiti i motivi, ma sta di fatto che è una cosa che passerà, lo so, come passa tutto, ma che sentivo di dover scrivere perché non lo faccio mai.
Buonanotte a chi può, a chi vuole, a chi legge.
giovedì 25 luglio 2013
Caro Novecento
Non sono pazzo, fratello. Non siamo pazzi quando troviamo il sistema per salvarci. Siamo astuti come animali affamati.
Caro Novecento,
Secondo te le persone straordinarie esitono, oppure solo gente che sa scappare bene dalla realtà? Io trovo straordinarie tantissime cose,ma non per questo mi ritengo tale. Molte persone sanno creare cose fuori dall'ordinario, ma non sono più tanto sicura che questo significhi essere persone straordinarie. Tu senza alcun dubbio sei una persona straordinaria, talmente tanto che se volessi incontrarti un giorno, non ci riuscirei. Ti scrivo per raccontarti della mia paura del mondo. E' un'epoca di molte crisi e degradi, fingiamo di vivere in un posto per tutti e invece non c'è posto per anima viva. Più si muore, meglio è. Non ci sono più rifugi per i sognatori, sentimenti per i romantici e orizzonti per gli idealisti. Nessuno ascolterebbe la tua musica. Tuttavia la speranza è l'ultima a morire, questa frase l'avrai già sentita, ed è una legge che tutt'ora persiste, perché è davvero così. Non è sempre necessario lottare contro il mondo, a volte basta sedersi e sperare. Un modo per non abbandonarsi mai, diciamo, per proteggersi. "un trucco da poveri, ma funziona sempre". Insomma, non so più che dire, eppure ero certa di volerti scrivere molto di più. Voglio che tu sappia che io spero e a intervalli interrotti lotto anche parecchio e che se tu fossi qui con me, ascolterei tutti i tuoi ritratti.
Arrivederci,
Danny Boodmann T.D Lemon Novecento,
Gea.
ps: con il braccio com'è finita?
mercoledì 17 luglio 2013
martedì 9 luglio 2013
venerdì 5 luglio 2013
giovedì 4 luglio 2013
Manifesto Della Resa
Ho scoperto nuove cose sulle persone. Che non immaginavo. Non parlerò di questo adesso, perché non è questo l'importante al momento, né lo sarà mai. Solo che bastano poche ore per farti rivalutare tutto quello che pensavi. E questo inizia ad essere parecchio snervante.
Ci sono cose che in qualche modo già si sanno, che viene voglia di chiedersi com'è possibile, chi decide, se c'è qualcuno che decide, in che modo e quando noi facciamo delle esperienze. Com'è possibile che si sappia, per esempio, che non conviene stare a dormire sulla terrazza se hai torcicollo e c'è l'umidità perché sennò il torcicollo peggiora? Oppure come si viene a conoscenza che se devi scrostare una padella, basta mettere il sapone e l'acqua,accendi il fuoco e si scrosta da sola? Com'è possibile che una persona ti ferisce e allora ti viene istintivo fidarti sempre meno? Ma voi ve lo chiedete mai? Ma vi rendete conto che conviene a nessuno dare tutto per scontato?
Io lotto ogni giorno contro la misantropia. Vivo in una città dove l'umanità raggiunge livelli bestiali, davvero, probabilmente Palermo avrà sicuramente una fama non del tutto positiva per quel che riguarda la gente. Ma anche in quello tento ogni giorno di non vederci solo il brutto, perché poi se impari ad amare la città in cui vivi ci sono più fattori assolutamente concreti che ti permettono di amarla. Forse è una cosa che da "passanti", da turisti non si può comprendere. Comunque sia, conosco il degrado sociale che può raggiungere un essere umano, ed è ancora più degradante quando vedi che è una scelta. Ma cerco di filtrare questo male e vedere il lato positivo.
Come tutti ho amici che mi hanno ferita, amori andati in frantumi e delusioni ogni dove. E come tutti, superato il momento no, reagisco. E io ho cercato di farlo sempre in positivo. E non perché io sia una persona ottimista che vede del bene in tutto, forse lo ero ma la cosa è andata scemando con il tempo; semplicemente io so che mi piace stare con le persone, in mezzo alle persone, e so che in questo mondo io avrò bisogno di fidarmi e di affezionarmi a qualcuno perché credo tantissimo all'arricchimento anche culturale ma soprattutto personale che una persona può darti. Per questo lotto contro la misantropia, perché non voglio permettere a una persona che mi ferisce o mi delude di togliermi ciò che posso ancora costruire. Ma adesso sono un po' stanca. Sul serio. Non sono ingenua, o almeno lo credevo. Però non so più che pensare. Perciò scrivo questo Manifesto Della Resa, perché voi adesso fate quello che volete, l'umanità fa quello che vuole, io non ci sono più. Voglio veramente bene a pochissime persone, e quelle mi tengo. Le altre le lascio a corrompersi il cervello e l'anima come meglio credono. Come si fa ad accettare di ridurre i sentimenti degli altri in pochissime briciole, a voltare le spalle senza motivo, a lasciare che le azioni corrano senza pensare alle conseguenze, a lasciare a fuoco lento l'egoismo al punto da farlo sovrastare sopra tutto il resto, a coccolare il proprio egocentrismo. E poi chi rimane a soffrire non lascia traccia alcuna. Che tutti gridano! Ma che cazzo succede? Poi ci perdiamo a fare discorsoni con parole abnormi per distogliere l'attenzione sulla nostra meschinità. Lasciamo correre, tanto poi l'affetto e l'amore permette di perdonare ogni cosa. Io rinuncio a capire cosa significhi sia "amore" sia "perdono".
Non mi piace la piega che ha preso questo post, ma lo tengo così com'è, tanto non ho modo migliore al momento, è stata una cosa che ho avuto bisogno di scrivere.
Io sottoscritta Gea annuncio al mondo in lettura che sono piena d'amore, con tutte le parole annesse a questo. Ribadisco che mollo la melma delle vostre anime, delle nostre anime. Auspico un miglioramento di ciò che mi circonda e prometto di esserne uno dei motori, o almeno ci provo.
Ossequi.
sabato 29 giugno 2013
Lettera Di Una Sughereta
Ciao, sono la terra di Sicilia. Sono una quella che calpesti sempre, e ti sono molto vicina. Ti do vita e tu mi dai vita, lo so, e per questo ti ringrazio. In passato sono stata trattata decisamente meglio, anche quando c'era più povertà, che se non potevo offrire pane, pregavano Dio e cantavano in mio onore. Ma non voglio parlarti di questo adesso. Le vibrazioni che mi mandi ogni volta sono il ritmo della mia vita, che sia quando cammini o quando mi ritrovo su il peso di un palazzo, a me va bene tutto. Ho vissuto di tutto sulla mia pelle, ne ho passate tantissime, avrei solo da insegnare se solo volessi ascoltarmi. So che qualche volta lo fai, lo percepisco, ma vedi io sono una donna di carattere, mica mi interessa solo la poesia. Infatti sono qui per parlarti di una spina sul dorso che mi ritrovo. Non sono mai stata in silenzio in 22 anni, ma qualcosa di meraviglioso è successo: le voci di chi mi cammina si è unita alla mia. Ah, ma che sbadata, la Sicilia è grande, le persone che camminano tanto numerose, devo dirti come mi chiamo così capisci quale delle mie voci sta parlando, mi scusassi: mi chiamo Sughereta. Dicevo: ho una spina nel fianco, anzi ne ho 46, per dirla tutta. Amo da millenni il mio popolo, devi credermi, e come ogni amore, c'è anche un male da condividere, anche se non vorrei. Di certo io non l'ho chiesto, e se chiedi a quelli che stanno lì intorno, non l'hanno chiesto anche loro. Comunque, queste spine enormi fanno male anche a loro. Per me questo è già un tumore, ma dalle voci che ho sentito rischia di causarne parecchi e di varia natura anche ai miei amati Piedi. se sei terreno certe cose le senti, e capisci anche i movimenti: ho sentito per anni tanti buchi fatti da enormi uccelli di metallo che mi perforavano e impiantavano queste enormi spine. Io vedo dal basso, ma facendo parte di un pianeta per avere una visuale più panoramica chiedo al cielo di farmi da cannocchiale, ma anche lui non sa cosa siano. Una volta me le ha descritte queste enormi cose, e io, nel mio microcosmo, le ho paragonate a spine, enormi spine, più grandi degli alberi di sughero. Comunque, il punto è che queste enormi spine non sono finite, non la smetteranno di bucherellarmi, perché sono tutti in travagghio per qualcosa di ancora più grande e dannoso. Ho un po' di paura, devo ammetterlo. Per questo ti scrivo, per dirti che anche se sei lontano, seppur comunque circondato dal mare come me, di non ignorarmi. Di renderti conto che i Piedi che difendono i miei e i loro diritti, e anche quelli dei nostri figli, sono anche affari tuoi.
Ci sono piedi e piedi, come immagino tu sappia. Ma da terreno è enfatizzata ancora di più questa differenza. Ci sono piedi leggeri, piedi che quasi volano, che si impuntano, che non lasciano passare, che difendono, che vibrano, che ballano, che camminano. E poi ci sono piedi che si impongono, piedi con scarponi minacciosi, che prendono di peso e scaraventano via, piedi che pestano, piedi fatti di melma, di putridume, (sempre miei prodotti, lo so, ma chi non fa la cacca, del resto). Questi Piedi violenti non li sento proprio miei, come se fossero di un altra terra, venuti a minacciarmi, con il loro modo di sentirsi padroni del mondo; alcuni mi fanno particolarmente male perché invece sono miei eccome, ma mi hanno rinnegata, pestando i miei figli.
Ora devo andare, avevo necessità di scrivere e spero di essere stata ascoltata.
Spero che il bel paio di piedi che si è ritrovato a leggere queste parole non rimanga incollato a qualcosa che non sia la sua terra, e che inizi a camminare.
Per sempre tua,
Sughereta.
http://www.nomuosfilm.it/
Ci sono piedi e piedi, come immagino tu sappia. Ma da terreno è enfatizzata ancora di più questa differenza. Ci sono piedi leggeri, piedi che quasi volano, che si impuntano, che non lasciano passare, che difendono, che vibrano, che ballano, che camminano. E poi ci sono piedi che si impongono, piedi con scarponi minacciosi, che prendono di peso e scaraventano via, piedi che pestano, piedi fatti di melma, di putridume, (sempre miei prodotti, lo so, ma chi non fa la cacca, del resto). Questi Piedi violenti non li sento proprio miei, come se fossero di un altra terra, venuti a minacciarmi, con il loro modo di sentirsi padroni del mondo; alcuni mi fanno particolarmente male perché invece sono miei eccome, ma mi hanno rinnegata, pestando i miei figli.
Ora devo andare, avevo necessità di scrivere e spero di essere stata ascoltata.
Spero che il bel paio di piedi che si è ritrovato a leggere queste parole non rimanga incollato a qualcosa che non sia la sua terra, e che inizi a camminare.
Per sempre tua,
Sughereta.
http://www.nomuosfilm.it/
domenica 23 giugno 2013
Solo Alberi...
Se un albero scrivesse l'autobiografia, non sarebbe diversa dalla storia di un popolo.Kahlil Gibran- Sabbia e spuma
Se gli alberi di Piazza Taksim potessero scrivere adesso, penso che le loro sarebbero parole piene di paura e di affetto nei confronti di chi sta lottando per loro. Magari loro scriverebbero un testamento, ora come ora. E' così semplice eppure così grande il valore che si dà ad un parco, a un mucchio di alberi. Insomma, sono solo alberi, che importa se si sradicano degli alberi per fare su un centro commerciale e di una caserma militare? Sono cose più utili,molto più utili di un albero. E invece no. Chi l'avrebbe detto, che l'albero potesse essere simbolo di democrazia in un paese? Non so se siete al corrente di ciò che sta accadendo per ora in Turchia: al parco Taksim Gezi Park, manifestanti pacifici hanno deciso di manifestare contro il piano del primo ministro turco Erdogan per, appunto, distruggere il parco e costruirci sopra questi edifici per far diventare Istanbul una delle "capitali mondiali". Uomini e donne hanno occupato il parco per "difenderlo", aggrappati all'importanza democratica che quel parco che ospita circa 600 alberi rappresenta. E' un parco, un luogo dove tutti possono stare. Insomma, non devo certo spiegarvi l'importanza che un centro naturale possa avere per una popolazione, in una città come Istanbul che, oltretutto, abbonda di centri commerciali e le aree naturali sono nettamente in minoranza. Le proteste sono aumentate quando la polizia ha fatto irruzione con la forza, utilizzando lacrimogeni per allontanare le persone. La protesta si è diffusa al di fuori di Istanbul in altre città della Turchia per denunciare il governo e la sua mancanza di considerazione nei confronti del popolo. Insomma, una di quelle Primavere che noi non conosciamo, no?
Già si contano tantissimi feriti e morti, ma le proteste continuano a essere pacifiche, da parte degli occupanti.
Io provo tantissima ammirazione per questi uomini, donne, ragazzi e ragazze che stanno lì, lottano per una libertà che è palese, cioè è visibile, tutto il mondo, noi compresi sappiamo che non possono che avere ragione nel fare quel che fanno. Non è la prima volta che la natura è sinonimo di libertà, e come ho già scritto la protesta è diventata una denuncia più grande, di stampo politico.
E allora solidarietà agli alberi di Piazza Taksim, solidarietà ai giovani e meno giovani che stanno aggrappati alle radici della libertà, solidarietà a chi lotta per la libertà natural-democratica.
Solidarietà a Piazza Taksim, alla piazza di Tutto Il Mondo.
http://www.formiche.net/2013/06/04/turchia-rivolta-erdogan/
domenica 19 maggio 2013
Il Vetro è un Liquido.
Inaugurazione della nuova tag o etichetta che dir si voglia: "Il Vetro è Un Liquido", per tutte le scoperte scioccanti che nel cammin di mia vita mi ritrovo a fare. Lo sapevate? Il vetro è un liquido. L'ho studiato qualche mese fa in fisica. Beh, "studiato"... più che altro l'ho sentito. Quando la prof in classe ha pronunciato questa frase, sono entrata in tilt per lo stravolgimento percettivo che questa scoperta avrebbe portato e non ho nemmeno seguito il resto della lezione, cosa che invece solitamente mi riesce in maniera abbastanza discreta; a casa poi ho toccato poco e niente il libro, ovvio. Da quel che posso scrivere, in maniera approssimativa, è che il vetro è da considerarsi più un liquido che un solido per il suo reticolo molecolare, che per l'appunto è più simile al primo che al secondo. La spiegazione fisica/chimica finisce qui, non so altro. E' una realtà che non si può ignorare, insomma: il vetro è un liquido. Perché? Come si fa? Cioè... il vetro non sembrerebbe un liquido, ma evidentemente è l'ennesima cosa che vediamo e che ci inganna. L'ennesima cosa che ci illude di una sua solidità e che invece, alla prima occasione, scivolerebbe via come se non ci fosse mai stata. Ma pensa, il vetro un liquido! Non ci avrei mai pensato! E tutti i giochi di vetro? I pupazzetti, il vetro soffiato, le collane... fondamentalmente sono liquidi. E' una cosa affascinante, ma stravolgente. Oh, le biglie! Io adoro le biglie! Ho una valanga di biglie colorate a casa con tanti colori e tantissime decorazioni. Magari a questo punto sarebbe più corretto dire "una cascata" di biglie. Beh, comunque, caro Vetro, sei liquido nel cuore, e non te ne farò una colpa per questo. In fondo essere un liquido ha un sacco di vantaggi. E' solo che è stato sconvolgente scoprirlo: cresci con una determinata concezione di qualcosa, qualcosa di così semplice e quotidiano come il vetro e alla fine scopri che in fondo, non conoscevi niente neanche di quello. E' il continuo promemoria di tutto, del resto. "Il Vetro è Un Liquido" sarà questa tag perché io, al momento, se scoprissi qualcos'altro del genere mi sconvolgerebbe tanto quanto, per ora è come se, dal micro al macro, il mondo si stesse burlando alla grande di me. Hai presente tutto quel che sai? Ecco.
Dimenticalo.
Bene, dunque, Cronache Sognanti chiude anche questa piccola parentesi di presentazione, alla prossima scoperta scioccc!
Dal micro, al macro.
Dimenticalo.
Bene, dunque, Cronache Sognanti chiude anche questa piccola parentesi di presentazione, alla prossima scoperta scioccc!
Dal micro, al macro.
venerdì 26 aprile 2013
La Voce Di Nessuno
Ritornare a fare tutto con ingenuità, quando all'inizio della nostra sensibilità c'era ben poco, quando ancora non conoscevamo e non capivamo, tanto vedi ora quanto abbiamo capito da grandi uomini di mondo, quando certe parole potevano anche non esistere e il loro uso sbagliato non poteva neanche lontanamente essere contemplato. Perché non c'è dubbio che quando eravamo ingenui eravamo anche più predisposti alla bontà. Dovremmo tutti essere ingenui, tutti avremmo dovuto esserlo fin dalla notte dei tempi. Rifarci solo a quello che sentiamo, percepire se è giusto o sbagliato. So che per fare questo servono le esperienze, ma ormai tutto è da considerarsi incerto, ogni nostra singola sicurezza ha cessato di esistere, ogni nostro principio, ogni nostra affermazione. Quindi sì, ad essere ingenui, si capisce bene la differenza tra giusto o sbagliato, o quantomeno al momento mettiamolo per ipotesi. Perché altrimenti non concepisco come sia possibile che l'umanità preferisca essere stupida che essere ingenua; com'è possibile che siamo ricchi di storia e questa è l'unica ricchezza da cui non traiamo profitto, l'unica lezione dalla quale non apprendiamo mai; com'è possibile che oggi più di ieri è una storia di diritti calpestati, di donne maltrattate, di raccomandazioni, di ricatti, di animali sfruttati, di mafia, di perdita di risorse umane e ambientali, di poco spazio alle opportunità per tutti, di sfruttamenti, di razzismo, di disprezzo, di bigottismo e ancora non si muovono le acque? Com'è possibile che lasciamo vermi camuffati da uomini scegliere per noi, nonostante facciano finta di saperne di democrazia, li lasciamo sputare sopra le nostre scelte, le nostre schede elettorali, le nostre esigenze, lasciamo che alla fine prevalgano i loro interessi; com'è possibile che abbiamo talmente fatto abitudine a questo schifo da uscircene fuori con qualche frase di circostanza e non ci interessiamo davvero, voltiamo le spalle con facilità e ci illudiamo che non sia affar nostro. Essere ingenui non per forza significa essere stupidi, l'ingenuità ci spinge a credere a qualcosa per il sol fatto che non si suppone ci sia in agguato un tradimento o un pericolo. E' una bella sensazione essere ingenui, in qualche modo si ha la fiducia in ciò che ci circonda. Ritornare a vedere tutto con ingenuità, ritornare a capire che un uomo è un uomo, non un numero, una fonte di profitto, una macchina, non è una scatola da riempire con immondizia e pubblicità inutile.L'uomo è un bambino che ingenuamente gioca, ma se fa male e vede soffrire capisce che non deve fare più ciò che ha fatto, per un principio arcaico secondo il quale ci suggerisce che se in questa terra ci sei anche tu, evidentemente devo rispettarti, perché questa terra è mia quanto tua. Gli animali che non hanno una coscienza l'hanno sempre capito, noi che ci siamo tanto evoluti, abbiamo dimenticato o forse non l'abbiamo mai capito.
Questo è il letargo più devastante che abbia mai visto.
Apriamoci gli occhi, in qualche modo. Se mi sto illudendo anche io, non lo so. Ma sono stanca, e pronta.
Apriamoci gli occhi.
La Voce Di Nessuno.
Questo è il letargo più devastante che abbia mai visto.
Apriamoci gli occhi, in qualche modo. Se mi sto illudendo anche io, non lo so. Ma sono stanca, e pronta.
Apriamoci gli occhi.
La Voce Di Nessuno.
giovedì 14 febbraio 2013
Banalità di banalità
Non capisco più perché, per scrivere su un cazzo di blog, io debba scervellarmi per evitare di scrivere cose banali, per evitare che questo blog diventi solo il diario di una adolescente, che non interessa a nessuno (non interessa manc'ammme), per dimostrare che sono capace anche di scrivere cose interessanti o comunque piacevoli alla lettura. Mi sono accorta che di voi non mi interessa granché, ma tendo più a voler dimostrare qualcosa a me stessa. Io, i miei diari e la mia penna siamo in estremo conflitto, ultimamente, diciamo che mi faccio parecchio schifo quando scrivo. Ma non è più possibile, devo darmi una tregua. Non voglio più lottare contro la mia banalità. Sì! Perché ho realizzato questo: la mia vita è banale, io sono molto banale. E non è una cosa negativa. Conosco la creatività di pensiero e di azione, e la adopero ogni qualvolta è possibile, soprattutto quando scrivo, ma alla sera, quando mi ritrovo indecisa se leggere o scrivere un po' sul mio diario, e opto per la seconda opzione, mi ritrovo a scrivere di tempeste interiori che sono quelle di tutti, con ragionamenti e seghe mentali che sono di tutti, con conclusioni che non portano a niente, un luogo che tutti conoscono. Perché è così: la vita è sostanzialmente banale. Millenni e millenni di vita su questo pianeta e l'uomo si pone sempre le stesse domande, a cui sappiamo non c'è risposta, e si ritrova ad affrontare problemi esistenziali, e roba da pagare, che sono gli stessi da secoli. Ci commuoviamo se, leggendo qualcosa, ci ritroviamo in quelle pagine, e ci stupiamo che grandi pensatori abbiano trovato le parole giuste a ciò che non riuscivamo a decifrare; consoliamo anime che sono affrante dagli stessi nostri problemi. Sappiamo fare e dire cose da amici, perché gli amici hanno sempre un determinato ruolo, anche se poi individualmente predichiamo bene e razzoliamo male. Mi ritrovo addosso amori impossibili e dubbi politici, ho fretta al pensiero che devo tenermi aggiornata su quello che succede nel mondo perché voglio agire nel mio piccolo, ma temo di non sapere che fare; mi faccio complessi per gli approcci che devo avere con le persone ed evitare che ci siano fraintendimenti (non riuscendoci). E poi arriva il momento, un momento pieno di lucidità, in cui la risposta migliore a tutto è "fanculo" e riconosco quando e dove liberarmi da ogni pensiero, ma poi si ricomincia. Perché inevitabilmente, tutto ciò che sto vivendo è già stato scritto. E non da Dio, dal destino, o chissà chi che abbia un diritto sulla mia vita, ma da me che ho vissuto già altre volte, ma con altri nomi, con altre epoche, altre guerre e altre azioni, ma sempre da me. Perché io sono Tutto Il Mondo, presente, passato e futuro. Perché un giorno qualcuno mi racconterà la sua storia e riconoscerò che è anche la mia, e saprò cosa dire. E questa consapevolezza è la stessa che dovrebbe guidarci per non voltare le spalle a ciò che ci succede attorno, perché tutto ci appartiene, anche le miserie (tanto i mali dell'umanità sono sempre gli stessi: povertà, fame, guerra). Un'immensa piattaforma di banalità che si dilata e distende ogni giorno di un millimetro in più, questo è ciò che siamo, e ciò che ci rende umani. Magari ad un certo punto si danno delle priorità persino nel mettere ordine nei proprio pensieri, al punto tale da evitare di scrivere cosucce da baci perugina, ma oggi non è uno di quei giorni. Beati siano coloro che riescono a dare forme nuove ai loro pensieri, con ogni mezzo possibile, perché la straordinarietà e la stravaganza è pura bellezza.
Oggi è un diario. Io sono un diario, conosco storie che non nascono da me, bensì da altri, diventando anche le mie. Ho un mucchio di cose da raccontare, e spero di farlo sempre, bene, più sinceramente possibile.
T R E G U A.
martedì 22 gennaio 2013
Ti Dirò: storia d'un'altra vigliaccheria
Ti dirò, che mi
ferisce averti perso, anche se sei un cancro. Ma ti capivo.
A te dirò, invece, che è vero, non si scende dal
palco della nostra vita in cui decidiamo di recitare. Ma quantomeno cambiamo
commedia.
Anche a te dirò che non vai da nessuna parte. E
non sono le domande che ti guideranno.
Ti dirò che ti
voglio bene, ma è bello stare in lontananza, ti vedo più chiaramente.
Ti dirò di non
fraintendere, è colpa mia. Ma non fraintendere.
Ti dirò che ancora
non capisci, e io non proverò a spiegare.
Ti dirò che dovresti solidificare i tuoi occhi e
non farli colare mai più. Non su di me.
Voglio dirti, e lo farò che non ti conosco, ma mi
riconosco in te.
Ti dirò che dovremmo proprio vederci.
Ti dirò che ci guideremo a vicenda splendidamente, lo stiamo già facendo bene.
A te dirò di farti guidare un po’ di più, senza troppi specchi.
Ti dirò che ho seri dubbi riguardo a quanto tu
possa capirmi.
Ti dirò che molti altri quaderni vanno riempiti.
Ti dirò.
Un giorno.
*Cosa c’hai concluso?
La Fine.
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