Non capisco più perché, per scrivere su un cazzo di blog, io debba scervellarmi per evitare di scrivere cose banali, per evitare che questo blog diventi solo il diario di una adolescente, che non interessa a nessuno (non interessa manc'ammme), per dimostrare che sono capace anche di scrivere cose interessanti o comunque piacevoli alla lettura. Mi sono accorta che di voi non mi interessa granché, ma tendo più a voler dimostrare qualcosa a me stessa. Io, i miei diari e la mia penna siamo in estremo conflitto, ultimamente, diciamo che mi faccio parecchio schifo quando scrivo. Ma non è più possibile, devo darmi una tregua. Non voglio più lottare contro la mia banalità. Sì! Perché ho realizzato questo: la mia vita è banale, io sono molto banale. E non è una cosa negativa. Conosco la creatività di pensiero e di azione, e la adopero ogni qualvolta è possibile, soprattutto quando scrivo, ma alla sera, quando mi ritrovo indecisa se leggere o scrivere un po' sul mio diario, e opto per la seconda opzione, mi ritrovo a scrivere di tempeste interiori che sono quelle di tutti, con ragionamenti e seghe mentali che sono di tutti, con conclusioni che non portano a niente, un luogo che tutti conoscono. Perché è così: la vita è sostanzialmente banale. Millenni e millenni di vita su questo pianeta e l'uomo si pone sempre le stesse domande, a cui sappiamo non c'è risposta, e si ritrova ad affrontare problemi esistenziali, e roba da pagare, che sono gli stessi da secoli. Ci commuoviamo se, leggendo qualcosa, ci ritroviamo in quelle pagine, e ci stupiamo che grandi pensatori abbiano trovato le parole giuste a ciò che non riuscivamo a decifrare; consoliamo anime che sono affrante dagli stessi nostri problemi. Sappiamo fare e dire cose da amici, perché gli amici hanno sempre un determinato ruolo, anche se poi individualmente predichiamo bene e razzoliamo male. Mi ritrovo addosso amori impossibili e dubbi politici, ho fretta al pensiero che devo tenermi aggiornata su quello che succede nel mondo perché voglio agire nel mio piccolo, ma temo di non sapere che fare; mi faccio complessi per gli approcci che devo avere con le persone ed evitare che ci siano fraintendimenti (non riuscendoci). E poi arriva il momento, un momento pieno di lucidità, in cui la risposta migliore a tutto è "fanculo" e riconosco quando e dove liberarmi da ogni pensiero, ma poi si ricomincia. Perché inevitabilmente, tutto ciò che sto vivendo è già stato scritto. E non da Dio, dal destino, o chissà chi che abbia un diritto sulla mia vita, ma da me che ho vissuto già altre volte, ma con altri nomi, con altre epoche, altre guerre e altre azioni, ma sempre da me. Perché io sono Tutto Il Mondo, presente, passato e futuro. Perché un giorno qualcuno mi racconterà la sua storia e riconoscerò che è anche la mia, e saprò cosa dire. E questa consapevolezza è la stessa che dovrebbe guidarci per non voltare le spalle a ciò che ci succede attorno, perché tutto ci appartiene, anche le miserie (tanto i mali dell'umanità sono sempre gli stessi: povertà, fame, guerra). Un'immensa piattaforma di banalità che si dilata e distende ogni giorno di un millimetro in più, questo è ciò che siamo, e ciò che ci rende umani. Magari ad un certo punto si danno delle priorità persino nel mettere ordine nei proprio pensieri, al punto tale da evitare di scrivere cosucce da baci perugina, ma oggi non è uno di quei giorni. Beati siano coloro che riescono a dare forme nuove ai loro pensieri, con ogni mezzo possibile, perché la straordinarietà e la stravaganza è pura bellezza.
Oggi è un diario. Io sono un diario, conosco storie che non nascono da me, bensì da altri, diventando anche le mie. Ho un mucchio di cose da raccontare, e spero di farlo sempre, bene, più sinceramente possibile.