L'immagine sufficientemente insulsa di un paio di gambe storte e con le caviglie grosse sulle quali l'ombra di una corda ha disegnato una cavigliera di caucciù è l'unico ricordo digitale dell'oretta prima di un attacco potente di sindrome di Stendhal, quando una serata totalmente improvvisa mi ha portato su una barca, al molo di Mondello, per fare un giro al largo.
C'era un cielo così generoso di stelle che oggi ho dovuto pensare -un vero e proprio atto di mente locale-, a quanti frammenti di cielo abbia visto così pieni, così immensi e così ricchi da lasciarti senza parole.
Sì, forse è scontato dire che in città è davvero un peccato non riuscire a vedere una sola di queste proiezioni fantasma che sono le stelle, ma quando te ne ricordi così all'improvviso fa ancora più male, ma un male non aggressivo, solo desideroso di molti più cieli di questo genere. E il punto è questo, suppongo: quando anche un male si palesa solo perché anch'esso è desideroso, capisci che la felicità è possibile. Non so come funzioni, ma forse basterebbe non inseguirla, se davvero c'è gente che lo fa.
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