venerdì 24 marzo 2017

Pillole Palermitane. Anche qui è Primavera

C'è questa sorta di banchina, al Foritalico, a pelo d'acqua.


Bisogna superare l'immondizia sparsa qua e là, quell'immondizia che non se ne va mai, neanche a toglierla repentinamente.

C'è odore di alghe morte, forse pesci. Ci sono cani distesi sulla sabbia, nella loro disperazione randagia.

E c'è questa banchina. Un delicatissimo rettangolo di cemento a pelo d'acqua. Basta un po' di vento per increspare la superficie e l'acqua gli finisce sopra.

E lì, un attimo brevissimo, la bellezza più pura e disarmante che possa partorire una banchina di cemento e un mare inquinato.

Quando Palermo fa così io sento particolarmente dolore. Forse per quel meccanismo antico e pulsante che richiede uno spacco per fare entrare la luce.

Quel meccanismo che ti porta ad abbracciare questa città anche se non ha altro da offrire che decadenza e si sa che di decadenza non si vive, al massimo si muore e bisogna anche ringraziare se finisce così.

A me viene sempre e ancora questa sorta di voglia di raccontarla, Palermo. Non so neanche in quale modo, in quanti modi. Ma forse imparare a raccontarla in maniera fedele e coerente forse è l'ultima spiaggia in cui soggiorno per sperare di cambiare qualcosa.

Quantomeno per non abituarmi, per sapere come pormi domande e dove cercare risposte. "Tu sei Palermo", mi hanno regalato una volta questa identità.

Cosa significa, però, lo devo ancora scoprire.

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